“Il fumo della sigaretta viaggia sempre nella direzione di
chi non fuma”
Italo Nostromo
Attivo o passivo1, il fumo occupa un posto eminente nella storia
della medicina. Ma da dove proviene il vizio del fumo?
Esso è presente già
all’età del bronzo: lo testimonia il ritrovamento di alcune pipe in bronzo in
alcuni scavi. In generale l’origine del fumo va ricondotta ai riti magici, sia
come elemento propiziatorio, sia come primo passo dell’estasi e della
comunicazione con gli dei; questo secondo utilizzo del fumo deriva dall’uso che
gli Aztechi ne facevano durante i riti. Infatti i sacerdoti, invece di soffiare,
aspiravano il fumo, sfruttando così i poteri eccitanti o ipnotici di determinate
erbe. Le prime notizie documentate si trovano in uno scritto di Bartolomeo de la
Casa intitolato "Storia Generale delle Indie", in cui egli descrive gli indiani
che fumano delle erbe.
Ma la storia del tabacco e del fumo ha inizio
ufficialmente con la scoperta dell’America. Furono i partecipanti alle
spedizioni di Colombo che ne portarono le prime notizie. Rodrigo de Jeréz, un
compagno di Cristoforo Colombo, potrebbe essere definito il primo europeo che
imparò a fumare. Nella seconda spedizione di Colombo, un frate di nome Romano
Pace rimase ad Haiti e qui cominciò ad osservare e descrivere gli indiani che
fumavano e la pianta del tabacco. E pare che sia stato proprio lui a portare la
pianta in Europa. La svolta definitiva la si deve all’ambasciatore francese in
Portogallo, Jean Nicot, che inviò ai sovrani francesi le foglie e i semi della
pianta di tabacco. Per ringraziarlo, i sovrani Francesco I e Caterina de’ Medici
battezzarono la pianta “erba nicotina” dal nome dell’ambasciatore. Egli ne
illustrò ai sovrani le proprietà terapeutiche, eccellenti per curare l’asma e le
patologie dell’apparato respiratorio (ebbene si!), l’ulcera, le piaghe. Altri ne
decantavano le proprietà curative nei casi di morsi di serpente, di raffreddore,
mal di testa, vertigini, perfino peste. Da allora il tabacco si espanse in
Europa molto velocemente. In Italia giunse nel XVI secolo grazie al cardinale
Prospero di Santa Croce.
Il fumo aveva la funzione che poi sarà dell’ora del tè
per gli inglesi: balli, feste, riunioni all’insegna del tabacco e del fumo
venivano organizzati in ogni nazione da nobili e borghesi. Il primo vero nemico
del tabacco fu il re Giacomo I, il quale vide nel fumo un vizio pericoloso per
la salute dell’uomo, oltre che un’abitudine volgare. Tanto se la prese con il
tabacco che finì per promulgare una legge che ne proibisse l’uso e pose una
tassa gravosissima sulla sua coltivazione. Fu una svolta. In Francia i medici
cominciarono a considerare il fumo un vizio dannoso, ma i governi avevano già
posto monopoli ed il coinvolgimento economico era troppo grande per poter
eliminare il tabacco. Anche in altri stati, come Russia, Persia e Turchia, i
sovrani tentarono di arginare il problema mutilando e spesso condannando a morte
chi ne faceva uso.
Un’altra svolta si ebbe dopo la Guerra di Crimea, quando i
reduci tornarono a casa con dei cilindretti di carta riempiti di tabacco,
“creati” dai soldati musulmani: le sigarette. Questa nuova moda si diffuse
rapidamente attraverso tutta l’Europa, strappando il primato alla pipa e al tabacco
da masticare o annusare. Il tabacco era sempre di provenienza turca. Con la
Guerra di Secessione Americana le sigarette cominciarono ad essere riempite con
tabacco prodotto in America, più dolce e chiaro rispetto al precedente.
Tutto
ciò aveva generato una situazione imprevista: l’esigenza di fumare di continuo.
La cosa si fece più pressante durante le due guerre mondiali, rafforzata poi
dalla pubblicità che ritraeva belle donne e attori famosi con la sigaretta in
bocca. Intanto i primi studi sulla tossicità del fumo erano stati avviati
dall’inizio del secolo: nel 1908 in Inghilterra vigeva già una legge che
proibiva la vendita di tabacco ai minori di 16 anni; alla fine della seconda
guerra mondiale c’erano prove che i fumatori erano a rischio di tumore al
polmone più dei non fumatori; nel primo ventennio era già stato scoperto il
rapporto tra fumo e problemi cardiovascolari. Negli ultimi venti anni, compresi
i rischi elevati di insorgenza di patologie afferenti a diversi organi (causati
anche dal fumo passivo) sono state scatenate molte battaglie ai fumatori e alle
case produttrici. Così, cause miliardarie sono state mosse, e vinte, a danno
delle Aziende produttrici di sigarette e leggi severe sono state promulgate per
limitare il danno passivo nelle persone che preferiscono non fumare. Oltre che
danni all’apparato respiratorio e cardio-circolatorio, il fumo anticipa la
menopausa e determina vistosi danni in sede cutanea. Il melanoma (tumore della
pelle) non è l’unico danno provocato dalla sigaretta alla pelle. I fumatori
accaniti vanno incontro anche ad altri, gravi rischi cutanei. Sebbene una
relazione fra fumo e cute fosse stata ipotizzata fin dal 1856, la certezza che
esso sia causa dell’invecchiamento precoce del viso si deve a Ippen e Ippen, i
primi, nel 1965, a identificare le nefaste modificazioni nel volto del 79% delle
fumatrici abituali contro il 19% delle non fumatrici ed a coniare il termine di
"smoker’s face" (faccia da fumatore).
Nel 1969 lo studio del dottor Harry
Daniell, in doppio cieco, dimostrò che i fumatori, fra 40 e 49 anni, avevano la
stessa intensità di rughe dei non fumatori di vent’anni più vecchi. E,
addirittura che, l’esposizione del volto al sole creerebbe meno danni per
l’invecchiamento della pelle di quanti ne procuri il fumo. E la loro analisi è
stata spietata: la faccia da fumo, ovvero il tipico aspetto del fumatore, oltre
a manifestare solchi e rughe marcate, disposte in forma radiale soprattutto
attorno alle labbra e agli angoli degli occhi, presenta un aspetto scarno con
forte prominenza del contorno osseo e talvolta anche un lieve afflosciamento
delle guance. Fenske e Smith poi, hanno citato nel loro articolo un’altra
visibile trasformazione dovuta al fumo: la decolorazione accentuata delle unghie
delle dita che sorreggono la sigaretta, tanto evidente che, se s’interrompe
immediatamente di fumare, si sviluppa una distinta linea di demarcazione sulle
unghie macchiate. Se assorbiti in via sistemica, i circa 4mila componenti
tossici del fumo possono comportare preoccupanti danni al tessuto epidermico e
modificazioni vascolari. Infine l’assorbimento del fumo implica anche
un’alterazione delle fibre elastiche localizzate in parti della pelle più
profonda, alterazione sicuramente più netta rispetto a quella provocata dall’elastosi
solare. Ennesimo male, presente quasi esclusivamente nei fumatori, è quello che
gli americani chiamano Trench Mouth, una forma di gengivite necrotizzante
ulcerativa (ANUG) che include appunto ulcerazione, dolore, sanguinamento e un
cattivo odore nella bocca.
Uno studio effettuato alla Harvard School of Public
Health, mostra che il fumo incrementa quasi tutti i maggiori ormoni androgeni,
inclusi DHEA, androstenedione, testosterone ed di-idro-testosterone (DHT),
l’ormone maggiormente responsabile della calvizie androgenetica. Lo studio
interessa 1241 uomini di mezza età, comparando i livelli ormonali di fumatori e
non fumatori. Lo studio mostra come il DHEA è più alto del 18% nei fumatori, il
DHEAS è più altro del 13%, l’androstenedione più alto del 33%, il testosterone
più alto del 9% e il DHT più alto del 13%. E’ ben conosciuto che livelli più
alti di testosterone e DHT sono associati a livelli più alti nella caduta dei
capelli. Fumare non farà cadere i capelli a chi non è predisposto geneticamente
ma smettere di fumare, aiuterà a prevenire la caduta in chi è predisposto.
Fumare inoltre può peggiorare una calvizie androgenetica già in atto. Sembra,
inoltre, che il tabagismo diminuisca la fecondità: un vasto studio ha dimostrato
che, mentre solo il 5% delle non fumatrici non ha concepito nei 5 anni seguenti
l’interruzione della contraccezione, la percentuale arriva all’11% nelle forti
fumatrici. Le fumatrici presentano un rischio due volte più grande di gravidanze
extrauterine; sono maggiormente esposte alla dismenorrea, al cancro del collo
dell’utero ed entrano in menopausa due anni prima; l’osteoporosi è più precoce.
Anche il feto è esposto ad una serie di rischi importanti e l’aborto spontaneo è
più frequente. Il monossido di carbonio e la nicotina provocano un aumento della
frequenza cardiaca, dei parti prematuri, delle nascite di bambini ipotrofici con
un peso ridotto di circa 200 gr. ed un incremento dei decessi perinatali. Le
fumatrici che allattano fanno assumere nicotina ai figli. Per i bambini di
genitori fumatori, attraverso il fumo passivo, il rischio di ammalare di
bronchite o broncopolmonite ed otite nel corso del 1° anno di vita è doppio. E
così pure l’incidenza di crisi asmatiche, la cui gravità è sicuramente
aumentata.
Tra le fumatrici che assumono contraccettivi orali, il
rischio di
crisi cardiache, ictus, flebotrombosi ed embolie è più elevato, particolarmente
dopo i 40 anni. A carico della cute si osservano segni di precoce
invecchiamento, per distrofia, perdita di elasticità e discromia. All’azione
della nicotina si aggiunge l’azione della potente carica di radicali ossidanti
che vengono inalati tra le oltre 4.000 sostanze chimiche prodotte dalla
combustione della sigaretta. Stephen Hecht, studioso del University of Minnesota
Cancer Center, ha dimostrato la presenza di NNK (nitrosamine 4-(methylnitrosamino)-1-(3-
pyridyl)-1-butanone), uno dei più pericolosi cancerogeni presenti nel fumo di
sigaretta (metabolita della nicotina), nella prima urina di neonati da madri che
avevano continuato a fumare durante la gravidanza.
A cura di: Carlo Di Stanislao
Note
1Il "fumo passivo" (passive smoke o second hand smoke) è quello che viene
inalato involontariamente dalle persone che vivono a contatto con uno o più
fumatori attivi ed è il principale inquinante degli ambienti chiusi. Infatti
quando una sigaretta viene fumata, il fumo che si sviluppa è di due tipi:
- centrale (in inglese chiamato mainstream smoke) che rappresenta il fumo attivo
ed è prodotto dall’aspirazione del fumatore in gran parte inalato (corrente
primaria) e solo in parte espirato (corrente terziaria).
- laterale (in inglese sidestream smoke) che rappresenta il fumo passivo ed è
prodotto prevalentemente dalla combustione lenta della sigaretta lasciata
bruciare passivamente nel portacenere o in mano fra un "tiro" e l’altro
(corrente secondaria) e dal fumo espirato dal fumatore attivo (corrente
terziaria).
Ricerche di chimica analitica hanno dimostrato che nel fumo laterale alcune
sostanze irritative, ossidanti e cancerogene sono presenti in concentrazione
superiore a quella del primo centrale; naturalmente il fumo "laterale" è molto
diluito nell’aria ambiente, mentre il fumo "centrale è concentrato tutto
all’interno dell’apparato respiratorio del fumatore.
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