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Medicina non Convenzionale e Tecniche Naturali

Associazione Medica per lo Studio dell’Agopuntura

A cura di: Associazione Medica per lo Studio dell’Agopuntura

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Le Medicine non Convenzionali in Dermatologia

Cresce rapidamente l’interesse per le Medicine non Convenzionali (MnC) in campo dermatologico (Scarsella P., 2002). Una recente review dimostra che sono stati svolti, negli ultimi venti anni, oltre 50 lavori clinici sull’efficacia dell’omeopatia in corso di varie dermopatie (AAVV, 2002), mentre varie sono le documentazioni d’efficacia per l’agopuntura e le metodiche correlate (AAVV, 2000).

La fitoterapia interessa varie campi di tipo sia cosmetologico che più strettamente dermatologico e dei vantaggi e rischi si è discusso molto in questi ultimi tempi (Di Stanislao et al., 20001). Per quanto concerne la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) abbiamo raccolto i risultati delle nostre ricerche in campo dermo-allergologico in un lavoro su internet (Di Stanislao et al. 2002) dello scorso anno e, ancora, ci siamo interessati della coniugazioni di strategie terapeutiche in varie patologie come aging, prurito, cute menopausale. Inedite sono tre nostre ricerche che vogliamo fare oggetto di questa relazione. La prima riguarda la coniugazione fra omeopatia a bassa potenza (5-7CH) ed organoterapia in corso di idrolipopessia. Il lavoro, molto ampio e dettagliato, è in corso di pubblicazione (Di Stanislao et al., in press). Il secondo studio, aperto e sequenziale, ha riguardato la formula erboristica cinese Ku She Pian che si è dimostrata efficace e maneggevole nella gestione di adolescenti atopici. Non solo si registra un rapido miglioramento dello SCORAD, ma il prodotto, ben tollerato a livello gastrico, non induce né modificazioni epato-renali né sostali variazioni degli altri parametri di laboratorio. Una vigorosa azione antiflogistica in corso di varie dermopatie è stata, infine, verificata su una buona casistica di pazienti adulti d’ambo i sessi, relativamente ad un nuovo topico (Truederm) basato su tre differenti fitocomplessi.

Un aspetto da noi particolarmente indagato (da oltre 10 anni) è quello delle cosiddette intolleranze alimentari, soprattutto nei suoi risvolti dermatologici (atopia, orticaria, ecc.) che cosmetologici (panniculopatia edemato-fibrosclerosa). Sempre più frequentemente il dermatologo è chiamato ad indagare su quadri clinici che il medico curante o il paziente stesso riferiscono come di probabile natura allergica su base alimentare. In realtà, sebbene in aumento, solo il 5 % delle reazioni avverse agli alimenti possono essere definite di natura allergica. Le reazioni allergiche propriamente dette sono frequenti solo nella prima infanzia con una tendenza al miglioramento ed alla risoluzione spontanea nel giro di pochi anni (Wultrich, 1999). Oltre i 10 anni l’allergia alimentare è sicuramente meno frequente (circa l’1% della popolazione generale ed il 5% circa delle reazioni allergiche totali). Mentre nel bambino gli allergeni alimentari di più comune riscontro sono il latte, l’uovo, alcuni frutti (specie quelli con guscio) ed il pesce, nell’adulto sono spesso in causa gli alimenti di origine vegetale, generalmente in soggetti con allergie stagionali a pollini, per la possibilità di reazioni crociate tra pollini, frutta e vegetali. Alcuni allergologi negano vi possano essere intolleranze alimentari non immuno-mediate, altri allergologi le ammettono. L’argomento quindi è controverso (Jacobsen et al, 2000).

Oltre alle reazioni immunologiche propriamente dette, gli alimenti sono più spesso in causa come responsabili di reazioni tossiche, pseudoallergiche o di intolleranza. Le reazioni tossiche possono essere causate da contaminanti microbici o ambientali, tossine, pesticidi, sostanze chimiche impiegate nel settore agricolo, contaminanti “accidentali” (ad es. diossina). Le reazioni da intolleranza, invece, sono caratterizzate da un deficit enzimatico qualitativo o quantitativo (lattasi, saccarasi-isomaltasi, fenilchetonuria, sindrome di Hartnup, ecc.). La distinzione principale comunque sarebbe che l’allergia scatena sintomi in modo qualitativo (anche piccole e sporadiche quantità di alimento scatenano sintomi) mentre le intolleranze darebbero sintomi in modo quantitativo (dipende dalla dose, dalla frequenza di assunzione e dalla eventuale associazione con altri alimenti che rinforzino la reazione): pertanto accertamenti di tipo SI/NO come i test allergologici convenzionali non potrebbero documentarle (De Luca, 1991). La diagnosi precisa è un problema del medico.

Il paziente non chiede un’etichetta, chiede una cura che lo liberi dal sintomo o quantomeno gli permeta di sopportarlo. Qualsiasi strumento conduca alla soluzione del singolo caso deve essere accolto senza sospetto, a patto che il movente sia il bene del paziente, con attenzione al dispendio di forze, alla compliance e alla costosità delle cure in rapporto al prevedibile beneficio. Ogni sintomo può prodursi con più di un meccanismo. Occorre considerare la frequenza dei vari percorsi patogenetici, ossia la probabilità che il disturbo lamentato si sia sviluppato attraverso un meccanismo patogenetico piuttosto che un altro. Ma poi occorre considerare tutti i possibili meccanismi. Importante è capire quale percorso patologico abbia fatto quel singolo organismo in quel singolo caso.

Le forme alimentari di tipo IgE-mediato sono:
- Dermatite atopica (Foto 1)
- Gastroenterite eosinofila (Contrassegnata da: nausea postprandiale, vomito, dolore addominale, steatorrea, perdita di peso nell’adulto o ritardo di crescita nel bambino, atopia, infiltrazione eosinofila della mucosa, tonaca muscolare e sierosa di stomaco e/o piccolo intestino con perdita dei villi).
- Gastroenteropatia acuta (diarrea, distensione addominale, sindrome peritoneale o subocclusiva a regressione spontanea in meno di 24 ore).
- Rinite e/o Asma
- Rush Cutaneo (Foto 2)
- Shock
- Sindrome allergica orale
- Sindrome Orticaria Angioedema (Foto 3)
 

 

Foto 1:

Dermatite atopica del bambino,

dell’adolescente e dell’adulto             

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto 2:

Rush

cutanea

esantematico

Foto 3:

Orticaria

 

 

 

 

 

 
Le manifestazioni immunologiche non IgE mediate (da immunocomoplessi o attivazione linfocitaria) comprendono:
- Dermatite Erpetiforme
- Emicrania
- Enteropatia da glutine
- Enteropatia transitoria al glutine o ad altri alimenti (latte, uova, pesce, pollo, riso, ecc.)
- Gastroenteropatia Cronica (enteriti, proctiti, malassorbimento)
- Idrartro
- Manifestazioni cutanee acspicifiche (urticate, eczematose, a tipo prurigine, ecc.) (Foto 4)
- PIMS (depressione, alvo alternante, emicrania, astenia, malessere)
- Sindrome Nefrosica
- Sindrome Tensione-Fatica
- Vasculite


Foto 4:

Manifestazione cutanea aspecifica

di tipo eczematoso
 


 

Esiste poi una vasta categoria di reazioni extraimmunitarie definite pseudoallergiche (PAR).

I meccanismi patogenetici delle PAR comprendono:
- Liberazione diretta dei mediatori chimici dai mastociti e dai basofili.
- Attivazione della via classica del complemento con liberazione di frazioni complementari in grado di degranulare i mastociti.
- Sbilanciamento del sistema cicloossigenasi-lipoossigenasi.
Gli alimenti più spesso in causa sono2:
- Acciughe
- Albume d’uovo
- Alcuni tipi di pesce ed alimenti in scatola
- Aringhe
- Bevande fermentate
- Cioccolato
- Crostacei e frutti di mare
- Fegato di maiale
- Formaggi fermentati
- Fragole
- Insaccati
- Pomodori
- Pomodori
- Salmone
- Sardine
- Spinaci
- Tonno
 

Molti altri fattori sono in grado di provocare sindromi pseudoallergiche. Additivi [sodio metabisolfito, il giallo di tartrazina (E102), il benzoato di sodio, l’acido 4-idrossibenzoico, la vanillina, l’ASA presente naturalmente in vari alimenti come mirtilli, albicocche, banane, mele, prugne, patate, piselli]; sostanze inalate (tabacco, miceti, polveri di legni, fibre di cotone, lino, canapa, polveri minerali), agenti fisici, fattori neuropsichici, foci infettivi o parassitari, veleni. Circa la diagnosi di reazioni avverse alimentari (AFR) si possono differenziate test convenzionali e non convenzionali sia in vivo che in vitro.
Diagnostica convenzionale delle AFR(Blanco-Quiros, et al., 1995)
 

Un ruolo fondamentale come sempre è affidato all’anamnesi che deve essere quanto più scrupolosa e dettagliata possibile, anche se talvolta l’intervallo non sempre immediato tra assunzione dell’alimento e comparsa dei sintomi rende difficoltosa la raccolta dei dati.
I test allergologici in vivo con estratti allergenici dell’alimento (Prick Test), o con l’alimento fresco (Prick by Prick) hanno un’attendibilità non sempre accettabile. Anche il dosaggio sierologico delle IgE (o delle IgG4) specifiche risente di un considerevole numero di false positività o di false negatività.Le diete d’eliminazione e di reintroduzione graduale possono essere di una certa utilità, anche se la loro esecuzione è spesso indaginose. Il test di provocazione orale con capsule a dosaggio controllato, sebbene non fornisca spiegazioni sul tipo di meccanismo immunologico in causa, è di certo quello più utile. Richiede però l’ospedalizzazione ed un attento monitoraggio del paziente per 24-48 ore.Il test epicutaneo per le allergie da contatto può essere utile per svelare una sensibilizzazione da contatto che possa giustificare una riacutizzazione per via alimentare di una dermatite da contatto (Nichel, Balsamo del Perù, ecc.) Altri test diagnostici in vitro (CAST, BAT) o in vivo (scatenamento per via endoscopica) sono meno diffusi o di più difficile interpretazione. Un test dirimente in corso di PAR, è il protocollo che prevede l’impiego, distanziato da un’ora ed a cieco semplice, di capsule opache di gelatina con:
 

a. Lattosio 100 mg
b. Tiramina 40 e poi 100 mg
c. Feniletilamina 3 mg
d. Nitrito sodico 4 e 8 mg
La provocazione orale si considera positiva quando si verifica una riproducibilità della sintomatologia oggettiva o un’esacerbazione dei sintomi identificati. Il test va eseguito sotto controllo medico ed in un centro ospedaliero.
Le AFR in Ecologia Clinica


Diagnostica Non-Convenzionale delle AFR
Secondo una peculiare visione, fatta propria negli anni da Mackarness, Lewith ed altri ecologisti clinici, dosi ripetute di cibo intollerante esauriscono le capacità adattogene individuali (relazione fra asse ipotalamo-iposifo-surrenalico e sistema psiconeurologico ed immunitario), causando accumulo di "veleni" (tossici) in grado di determinare quadri inaspettati come sordità, reumatismo cronico, cefalea, mucosite area a ripetizione, dermatite, colite specifica o aspecifica, depressione, ecc. Le reazioni avverse seguirebbero il seguente andamento:


1. Allarme iniziale (non adattamento e reattività immediata)
2. Resistenza (adattamento)
3. Esaurimento (disadattamento e perdita di reattività)


Questo modo di interpretare le AFR si serve, per la diagnosi, oltre che di anamnesi ed esame obbiettivo, di una serie di test non-convenzionali di diverso tipo e differente validazione. Esaminiamone i principali.
- Test DRIA: si basa sullo studio delle variazioni del tono muscolare in rapporto all’assunzione di cibi intolleranti. E’ piuttosto affidabile e ripetevo nei risultati, a patto di impiegare strumenti di buona qualità e personale ben qualificato. Il costo della strumentazione (in fondo un dinamometro ad alta sensibilità) è piuttosto elevato e rende la quota a carico dell’utente piuttosto alta. Gli esperti di osteopatia, chiropratica e posturologia affermano che è possibile anche una valutazione diretta e manuale del tono muscolare, senza l’impiego di strumenti di rivelazione. Casistiche ampie e controllate non sono mai state prodotte.
- Test VEGA (e sue varianti): sviluppatosi a partire dalle osservazioni dell’elettroagopuntura secondo Voll, sulle variazioni del potenziale elettrico cutaneo in relazione al contatto con alimenti intolleranti. Nonostante il metodo sia criticato per la sua scarsa riproducibilità (i risultati variano secondo l’operatore, della strumentazione e delle "sostanze-test" usate), si è tentato di ovviare alle diverse limitazioni costruendo, nel tempo, apparecchiature differenti (Vega, Mora, Sarmtest 800, Sarmtest 2000), con puntali sempre più maneggevoli e calibrati, in modo da ottenere risultati indipendenti dalla pressione esercitata. Fra le metodiche alternative è l’unico test che può vantare ricerche cliniche ampie e di un qualche significato.
- Il Test Leucocitotossico è stato messo a punto da Byrant negli anni quaranta e sviluppatosi poi in Europa (Inghilterra ed Italia) alla fine degli anni ottanta. Consiste nel documentare, in vitro, l’azione citotossica (vacuolizzante) di certi alimenti sui neutrofili del paziente (Mantatori et al., 1995). Nonostante numerose segnalazioni sulla sua affidabilità e riproducibilità, molti AA affermano che, eseguendo esami sullo stesso paziente e sul sangue dello stesso prelievo in centri diversi, si possono ottenere risultati nettamente differenti. La medicina scientifica, in ogni modo, è molto critica sulla reale efficacia del test. Le nostre non numerose esperienze c’inducono ad una certa prudenza circa la reale capacità del test di rilevare reazioni avverse, con risposte, molto spesso ed anche da parte di operatori esperti, alquanto sovrastimate.
 

Autore: Carlo Di Stanislao

Indirizzo per chiarimenti
Carlo Di Stanislao
UO di Dermatologia AUSL 04 L’Aquila
Tel. 0862368729-642
Fax 0862319905
Email: dermoaq@libero.it 
 

Referenze
- AAVV: Libro bianco sull’agopuntura e le altre terapie della tradizione estremo-orientale, Ed. SIA/CEA, Milano, 2002.
- AAVV: Ricerca bibliografica n. 3: Malattie della pelle, Omeopatia Oggi, 2002, 38: 42-44.
- Blanco-Quiros A., Arranz E.: Immunological mechanism of food allergy, Proc. XVI EAACI Congress. (Madrid, Juene 25-30 1995), Ed. Monduzzi, Bologna, 1995, pp 869-872.
- De Luca L.: L’allergia alimentare, Ed. Florio, Napoli, 1991
- Di Stanislao C., Galluzzo E., Konopachi D., Fulminis A.: Agopuntura: esperienze in campo dermo-allergologico nel periodo 1997-2001, Proxima (http://www.neurolinguistic.com/proxima/index.htm ), 2002.
- Di Stanislao C., Giannelli L., Iommelli O., Lauro G.: Fitoterapia comparata, Ed. Di Massa, Napoli, 2001.
- Di Stanislao C., Marcelli F.: Omeopatia ed altre bioterapie nel trattamento della cosiddetta “cellulite”, Omeonet, in press.
- Jacobsen MB, Aukrust P, Kittang E, Muller F, Ueland T, Bratlie J, Bjerkeli V, Vatn MH: Relation between food provocation and systemic immune activation in patients with food intolerance, Lancet, 2000, 356(9227):400-401.
- Mantatori M., Rizzo C.: Ecologia clinica ed intolleranze alimentari, Ed. Tecniche Nuove, Milano, 1995.
- Scarsella P.: Medicine non convenzionali in dermatologia: evidenze e precauzioni, Kosmè, 2002, 6: 20-24.
- Wuthrich B: Allergology: quo vadis ?, Schweiz Med Wochenschr, 1999, 129(24):905-914.

 


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