Hanno cominciato le aziende della grande distribuzione e ora si stanno
attivando anche le società di servizi. Stiamo parlando delle azioni di
responsabilità sociale, che stanno dando vita ad un numero sempre più alto di
esperienze di partnership tra aziende profit e organizzazioni no profit legate
alla realizzazione di “buone cause”.
“Fai bene facendo del bene” potrebbe essere il motto alla base di
questo fenomeno che si sta diffondendo anche tra le piccole e medie imprese del
nostro Paese. Come afferma Jacques Séguéla “l’idea pubblicitaria non ha
valore se non aderisce alla sociologia del momento: adesso, se vuole
sopravvivere, deve dotarsi di una morale. Non ci sarà più spazio nei prossimi
decenni per una marca che non saprà agganciarsi alle grandi battaglie del
momento”. Ma perché farsi coinvolgere in queste scelte comunque impegnative?
Perché è la cosa più giusta da fare e perché è la strada migliore da
intraprendere se vogliamo raggiungere il cuore dei nostri clienti. E poi, perché
no?
Le persone, infatti, preferiscono lavorare o acquistare da persone che si
prendono a cuore il bene degli altri. E le scelte e i comportamenti della
propria azienda sono il modo migliore per dimostrare di credere nell’impegno
sociale. Secondo una recente indagine curata da Ipsos Explorer-Sodalitas, l’82%
degli Italiani crede nella partecipazione e nell’impegno attivo delle imprese
alla risoluzione dei problemi sociali. Naturalmente, legare il marchio
dell’azienda ad una buona causa richiede un’attenta riflessione su coerenza e
correttezza nei comportamenti e nelle scelte dell’impresa: il mercato, infatti,
premia le aziende che manifestano in modo serio e trasparente di credere in ciò
che fanno, mentre penalizza severamente le imprese che, sfruttando il trend del
momento, si legano ad una buona causa solo per aumentare i fatturati, mantenendo
comportamenti scorretti con fornitori e collaboratori.
Affinché il cosiddetto “cause related marketing” possa portare
vantaggi all’azienda, non deve essere dunque frutto di un atteggiamento
opportunistico, ma di un serio e accertato impegno dell’impresa a sostenere
azioni sociali positive sul proprio territorio o altrove. In altri termini, il
marketing della buona causa non è una delle tante forme di beneficenza, ma la
testimonianza di un impegno concreto nel sostenere iniziative a favore di
qualcuno che ha bisogno, iniziative in grado di accrescere la reputazione
dell’azienda, migliorare le relazioni con la clientela, fidelizzarla e aumentare
il coinvolgimento del personale. Nell’ambito delle azioni di responsabilità
sociale, la sensibilità delle imprese turistiche si è evidenziata a partire
dai temi ecologici, scegliendo di aderire ad uno sviluppo turistico sostenibile
volto alla tutela ambientale delle destinazioni. Così molti alberghi sono
diventati “ecosostenibili”, ovvero hanno messo il loro impegno nel rispetto
dell’ambiente attraverso la riduzione e raccolta differenziata dei rifiuti, il
controllo energetico, la scelta di prodotti ed attrezzature a basso potere
inquinante, etc.
Ci sono poi altri tipi di impegno sociale, semplici da realizzare, ma
sicuramente di forte impatto emotivo sulla clientela.
Pensate, ad esempio, quale potrebbe essere la vostra scelta tra un albergo che
ospita clienti per far business e un albergo che fa business ospitando i
clienti, informandoli che 1 euro di ciò che loro pagano per la camera (o per il
ristorante) sarà devoluto per sostenere una comunità che accoglie bambini che
vivono in strada, così da dar loro la possibilità di avere un letto pulito e un
piatto caldo. Non piacerebbe anche a voi sapere che la vostra vacanza non ha
fatto solo arricchire l’albergatore ma ha aiutato anche qualcuno a star meglio?
Naturalmente
trasparenza significa che l’iniziativa debba essere documentata da foto e
testimonianze dei bambini e di chi li accoglie, dalla presenza di un bilancio
aziendale che indichi l’ammontare della somma destinata dall’albergo a favore
dell’iniziativa e magari da una lettera di ringraziamento da inviare ai clienti
a firma dell’ente che ha ricevuto il finanziamento. E’ bene ricordare che ciò
che frena le persone nel fare donazioni è il non sapere dove andranno a finire i
soldi e da chi e come verranno utilizzati. Per questo motivo la testimonianza
personale dell’albergatore, che fa da garante all’iniziativa e sa illustrare ciò
che è stato realizzato e cosa è in fase di realizzazione, crea un maggior
coinvolgimento della clientela. Altro tipo di impegno imprenditoriale
alberghiero che sembra degno di essere citato riguarda azioni di responsabilità
sociale visibili all’interno dell’albergo: è il caso di un gruppo di alberghi
italiani che si sono caratterizzati per l’inserimento nel loro staff di
personale che presenta disabilità tali da non compromettere il livello di
servizio al cliente, ma che renderebbero difficile un inserimento in altri
ambiti lavorativi.
Le buone cause, vicine o lontane, a cui dedicarsi con passione, sicuramente
non mancano. Testimoniano la sensibilità e l’attenzione dell’imprenditore e, se
realizzate in modo serio e trasparente, possono coinvolgere positivamente sia i
collaboratori che la clientela. Non si tratta quindi di atti di buonismo fini a
se stessi ma, come affermava Séguéla, significa possedere una morale e seguirla.
Un grazie per la collaborazione
www.albergatori.it
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