I fisici sostengono l’inadeguatezza del nostro linguaggio per esprimere molti
fenomeni, visto che esso origina dal nostro esperire quotidiano, basato su una
tridimensionalità spesso inapplicabile. Diciamo che una visione corpuscolare
della realtà è funzionale nell’ambito dei fenomeni macroscopici, ma spingendoci
ai livelli dei suoi costituenti è necessario rivolgerci ad una teoria
ondulatoria. I fisici Prigogine e Stengers suggeriscono di adottare un modello
basato sul concetto di superstringhe, che permette di unificare i quattro
tipi di energia dell’universo: gravitazionale, elettromagnetica, elettronucleare
forte e debole. Le superstringhe sarebbero appunto quei filamenti energetici
pluridimensionali che portano alla costituzione della realtà materiale,
intrecciandosi fino a costituire la rete della vita, secondo la bell’immagine di
F. Capra. Ed eccoci all’immagine della ragnatela onnicomprensiva, ripresa
d’altronde in tutte quelle discipline che si occupano di pensare il mondo e
l’uomo: le teorie sistemiche in psicologia, le teorie della complessità in
fisica, l’ipotesi Gaia in ecologia, la rete medianica in agopuntura. Impossibile
non riconoscervi l’archetipo delle Parche, superumane tessitrici del destino
terreno.
Questo
concetto d’interrelazione è proprio quello su cui gli antichi appoggiavano
l’efficacia dei riti, confidando appunto nella circolazione della forza
attraverso tutto ciò che esiste ed agendo dunque in modo simbolico per provocare
i cambiamenti desiderati. I simboli e i miti, per la loro intrinseca
pluripotenzialità semantica, sono due strumenti che l’uomo si è dato per entrare
attivamente nella ragnatela cosmica. Qualcuno ha detto che forse è la fisica
quantistica, che si occupa dei campi d’energia, l’alchimia del terzo millennio.
E’ affascinante l’idea che nel corso dei millenni la tradizione alchemica si sia
potuta trasformare per adattarsi all’evoluzione dei tempi, pur rimanendo fedele
a sé stessa. Il progresso della fisica di questo ultimo secolo ha portato ad una
immensa mole di conoscenze che oggi sono patrimonio dell’intero pianeta, al dì
là delle differenze di lingua o di continente.
Ciò che ancora può distinguere il punto di vista della tradizione alchemica è
"l’interpretazione" di questi dati nell’incerta zona di confine tra fisica e
metafisica. La necessità di interpretare i risultati delle acquisizioni
quantistiche nasce pertanto dal tentativo di affrontare serenamente quelle
domande fondamentali che l’Alchimia si è posta da sempre e che oggi possono
trovare risposte adeguate anche entro l’ambito della visione scientifica. Le
recenti acquisizioni sull’intima essenza della materia hanno reso attuali
concezioni inimmaginabili fino a pochi decenni fa e permettono ora di indicare
una traccia preliminare sulla quale potrà muoversi la metafisica del terzo
millennio. Alcune teorie fisiche ad alta simmetria pongono l’equivalenza, e
tutte le possibili transizioni, tra cinque particelle fondamentali: tre quark,
il positone e l’anti-neutrino. Schema che implica l’unificazione implicita della
forza nucleare debole, nucleare forte ed elettromagnetica. E’ interessante
notare come gli scienziati siano perfino giunti a postulare che una frazione di
secondo dopo il Big-Bang (l’esplosione con cui si è creato il cosmo) ci fosse
una temperatura talmente elevata da essere compatibile con l’esistenza di un
solo tipo di particella ed una sola forza fondamentale.
Nella cosmogonia vedica la madre unica di tutti gli dei è Aditi ed il suo
animale, venerato ancor oggi in India a distanza di ben quattro millenni, è la
Vacca sacra. Modernissimo è tuttavia il concetto della sua essenza divina poiché
Aditi rappresenta la Terra e insieme la luce eterna e libera da ogni limite: non
è una contraddizione in termini bensì una concezione che vede nella Terra /
materia la presenza di una sostanza impalpabile come la luce (Yang) / particelle
elementari (Yin). Non diversamente la melagrana di Cibele sottintende entro il
comune guscio dell’unità dell’universo la riduzione della materia ad elementi
puntiformi e indistinti (i semi). Questa polverizzazione delle forme che
tuttavia ha in sé la potenzialità creativa è l’altra faccia della realtà in cui
viviamo: il mondo invisibile delle particelle, informe e sfuggente materia che
funge da sostanza fondamentale di ogni cosa esistente. Pur essendo state
descritte come materia corpuscolare e puntiforme, le particelle si possono anche
rappresentare come un continuum, cioè un campo che permea ovunque lo spazio e
non richiede alcun mezzo per propagarsi, un’entità irriducibile che non ha
origine né parti come la superficie illimitata di una sfera (la buccia della
melagrana).
Oggi
quark ed elettroni sono ritenuti i costituenti non divisibili della materia,
nonostante non si siano resi osservabili nelle sperimentazioni eseguite e
nonostante la loro reale esistenza sia stata confermata soltanto da prove
indirette, benché certe. L’universo delle particelle presenta sorprendenti
caratteristiche quali la chiara bellezza delle sue perfette simmetrie e la
proprietà di invarianza rispetto all’inversione temporale, ossia l’assenza della
freccia del tempo. Qui passato e futuro non hanno modo di dirigere il corso
degli eventi in una direzione univoca e quindi dal punto di vista della
microfisica non avrebbe alcun senso parlare di fenomeni tipo ad esempio la
maturazione e putrefazione di un frutto: nell’universo dei quark non c’è un
prima e un dopo nel verso che caratterizza il mondo macroscopico.
La fisiologia del sistema nervoso pone del resto l’aleatorietà del tempo e
del concetto stesso di presente, dal momento che tutto ciò che viene colto dai
sensi deve attraversare le fibre sensitive sotto forma di impulso nervoso
(movimento di elettroni) e consumata la frazione di secondo necessaria alla
trasmissione ciò che noi nell’istante presente vediamo, udiamo o tocchiamo già
non è più. Rivolgiamo di nuovo la nostra attenzione ai tre aspetti essenziali
che fanno parte integrante di ogni individuo. Ovvia è la descrizione
dell’aspetto propriamente corporeo; ciò che si può percepire in virtù delle
caratteristiche somatiche dell’individuo fa parte della nostra esperienza
quotidiana. Tutt’al più la corporeità è scomponibile in una serie di scatole
cinesi: all’interno dell’organismo troviamo i vari apparati anatomici
(digerente, circolatorio, muscolo - scheletrico, ecc.), entro gli apparati
troviamo i singoli organi, negli organi ci sono le cellule, dentro le cellule le
proteine, dentro queste le molecole; le molecole sono fatte di atomi, gli atomi
di particelle elementari. Tuttavia il soma è qualcosa di più della semplice
somma delle parti: è la giusta combinazione dei singoli elementi che risulta
utile e vincente nel permettere il funzionamento del tutto. Il corpo è
l’hardware, in analogia con i circuiti, i vari contenitori e accessori
correttamente collegati all’interno dell’impalcatura solida del computer.
Il
parallelo con i computers ci illumina su un altro fondamentale aspetto che, in
analogia al software, è identificabile nel programma individuale. Tale programma
si sviluppato a partire dalla memoria genetica, dal determinismo fisiologico e
dalle personali impostazioni psichiche; suo compito è controbilanciare la
pressione ambientale esercitata dalla competizione vitale degli altri individui.
L’essenza di questo software è movimento, in quanto azione che pianifica il
divenire dell’individuo tramite la facoltà volitiva del carattere. Come tutti i
programmi è per sua natura un’entità incorporea ed immateriale. Ciò non toglie
che anche le sue azioni più insignificanti possano avere alla lunga conseguenze
inimmaginabili attraverso la perturbazione della mirabile rete di interazioni e
correlazioni intessuta fra tutte le creature del cosmo. In teoria, l’atto di
spostare una rosa può alterare sostanzialmente lo stato di un gas posto su una
stella o il battito di ali d’una farfalla può scatenare un temporale un mese
dopo. E la cascata di reazioni messa in moto dalle scelte di un individuo non si
arresta alla sua morte, si diffonde nel collettivo lasciando tracce che molti
altri seguiranno inconsapevolmente.
Il terzo aspetto dell’individuo riguarda la materia di cui è fatto (come pure
il computer) e cioè l’insieme delle particelle elementari che lo compongono.
Ogni essere possiede dunque una componente invisibile e atemporale, controparte
inaccessibile alla percezione sensoriale e non soggetta alla freccia del tempo;
l’immortalità dell’essere è pertanto una certezza nella dimensione microfisica.
Non può morire chi non è mai nato. Ciò che osserviamo come morte biologica nella
dimensione macroscopica, da un altro punto di vista è solo il venir meno di un
labile artificio creato dalla mente: nella realtà invisibile si sta compiendo la
restituzione delle particelle individuali all’illimitato universo cui
appartenevano da sempre. I quark e gli elettroni liberati dal disfacimento
dell’organismo vagheranno nei cicli biologici, dal suolo terrestre alle radici
delle piante, dalle piante agli erbivori e infine all’uomo.
Sorprendente è la dispersione ambientale di queste particelle: la fisica
statistica afferma che, in teoria, nell’aria che respiriamo in questo istante
c’è almeno uno degli elettroni appartenuti alla corteccia cerebrale di Strabone.
Le particelle che compongono l’individuo non differiscono in sostanza e
proprietà dalle particelle del restante universo. E’ concetto noto anche ai
ragazzi della scuola, ma si deve prenderne intimamente coscienza attraverso un
processo di identificazione che ci conduca alla vera unità. Nel contatto con la
potenza immensa della Prima Materia ci si sente invasi da una corrente infinita,
il flusso della sostanza indifferenziata sostrato di ogni cosa; estraniati dallo
spazio-tempo ci assale la certezza assoluta, si esperimenta la realtà ultima con
una intensità tremenda, incredibile, senza alcun paragone. Ineffabile rapimento
che toglie momentaneamente la capacità di muovere gli arti e di articolare le
parole. Non si pensa a nulla, la mente vuota, serena, libera e pacificata.
Studi
sulla neurofisiologia dell’estasi hanno inquadrato lo stato trascendente
nell’ambito dei fenomeni naturali dal momento che, pur essendo un fenomeno raro,
tocca molte popolazioni in diverse regioni del globo. Nella mappa
elettroencefalografica degli stati di coscienza l’estasi cadrebbe oltre le onde
l e q , verso la zona di ipoattivazione; anche se pare non esista un EEG tipico.
La catatonia, l’insensibilità dolorifica e la sensazione di totale appagamento,
stanno a favore di un’ipotesi neurormonale che vedrebbe l’estasi associata ad
una massiva secrezione di endorfina. Siamo il risultato di reti biofisiche che
traducono le variazioni universali in messaggi chimici non casuali. Siamo il
risultato di costanti e continui riaggangiamenti corpuscolari ed ondulatori, in
altre parole di Yin e di Yang.
L’astronomia dei pitagorici contrassegnò un progresso importante nel pensiero
scientifico antico, essi furono i primi a concepire la Terra come una sfera
rotante con gli altri pianeti attorno ad un fuoco centrale, detto "HESTIA" (=
focolare o altare dell’universo ) che ordina e plasma la materia dando origine
al mondo. Egli dispose che, intorno ad esso, si muovessero, da occidente ad
oriente, dieci corpi celesti: il cielo delle stelle fisse, Saturno, Giove,
Mercurio, Venere, Marte, la Luna, il Sole, la Terra e l’Antiterra, pianeta
ipotetico che completava il sacro numero del dieci e che, secondo Filolao, si
trovava in opposizione alla Terra e che l’Hestia ne impediva la vista. Il tempo
impiegato dal cosmo per nascere e ritornare nel fuoco è chiamato "anno cosmico".
Egli fu, inoltre, il primo a riconoscere la rotazione della Terra intorno al
proprio asse.
I Pitagorici spiegarono l’ordine dell’universo come un’armonia di corpi
contenuti da un’unica sfera che si muovono secondo uno schema numerico: essi
pertanto descrivevano l’universo in termini di relazioni matematiche e proprietà
geometriche. Inoltre, visto che rappresentavano i corpi celesti reciprocamente
separati da intervalli corrispondenti alle lunghezze armoniche delle corde, i
Pitagorici ritenevano che il movimento delle sfere producesse un suono, chiamato
"l’armonia delle sfere", una celeste musica, bellissimi concerti, che le nostre
orecchie non percepiscono, o non sanno più distinguere, perché da sempre
sono abituate a sentirla. A ben vedere questa visione e quella delle cosmologie
orientali appaiono oggi, alla luce della fisica moderna, ancora più ricche di
fondamento. Considerevole poi è considerare che divisero i numeri in pari e
dispari a cui corrispondevano il limitato e l’illimitato. Ancora più prossimo al
pensiero “numerologico” cinese è che essi formularono il sistema decimale e
considerarono il numero la sostanza delle cose. Rappresentarono il numero 10,
considerato come numero perfetto, come un triangolo che ha il 4 per lato . Per i
cinesi antichi il dieci è il ritorno al principio, il ritorno all’unità della
creazione. La vera natura del mondo consiste in un ordinamento geometrico
esprimibile in numeri e questo sia per l’Yi Jing che per moderna fisica
quantistica.
Letture consigliate
- AAVV: La concezione dell’universo nei pitagorici,
http://www.quipo.it/atosi/numero4/riv_cop/mappa1/pitagorici/pitagorici.htm ,
2002.
- Capra F.: IL Tao della Fisica, Adelphi, Milano, 1990.
- Greene B.: L’ universo elegante. Superstringhe, dimensioni nascoste e la
ricerca della teoria ultima, Ed. Einaudi, Torino, 2000.
- Pereira M.: Arcana sapienza. L’alchimia dalle origini a Jung, Ed. Carocci,
Milano, 2001.
- Spaggiari P., Tribbia C.: Medicina quantistica. La medicina attraverso la
fisica dei quanti, Ed. Tecniche Nuove, Milano, 2002.
- Teoldi D.: Il Suono Cosmologico, Antropos & Iathra, 2000, 2: 4-10.
Autori: Carlo Di Stanislao, Dennis Konopacki1,
Eugenio Di Stanislao2
Indirizzo per chiarimenti
Carlo Di Stanislao
E-mail: amsaaq@tin.it
Note
1 Laureato in Medicina e Chirurgia, Ingegneria Chimica ed
Informatica. Membro dell’Associazione Medica per lo Studio dell’Agopuntura.
2 Iscritto alla Facoltà di Ingegneria Medica della Università di Tor Vergata
(Roma).
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