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Lo squash

A cura di: ASSI - Associazione Squash Italia

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Lo squash, uno sport sempre più popolare

Origini poco... raccomandabili?!

Nelle prigioni londinesi di Fleet Street, a fine ‘700, la vita era dura e le giornate lunghe ed interminabili; per trascorrere il tempo all’interno delle mura del carcere, allora, qualche detenuto ebbe un’idea brillante: adattare il gioco del tennis alle dimensioni delle celle.
Leggenda metropolitana o realtà dei fatti? Non si conosce esattamente come andarono le cose, ma questa è versione più accreditata sulle origini dello squash.

A lungo considerata “parente povero” del tennis, questa disciplina ha oggi percorso molto strada ed ha conquistato amatori così numerosi da essere stata eletta disciplina dimostrativa in occasione delle Olimpiadi di Barcellona 1992. E sono in molti, oggi, ad attendere il suo inserimento tra le discipline olimpiche.

Il primo campione di cui si occuparono le cronache fu un truffatore di nome Robert Makey, decisamente di casa nelle carceri di Londra. Continuando a giocare anche nei (brevi!) periodi di libertà, contagiò e cominciò ad appassionare al nuovo sport anche alcuni studenti dei colleges inglesi. In seguito lo squash si diffuse nei territori britannici d’oltremare e la nascita di una scuola in Australia ha probabilmente molto più a che fare con il sistema carcerario (il Paese venne colonizzato tramite la deportazione di ex detenuti...) che non con quello accademico!
Altra ex colonia, nonché grande patria dello squash fu, ed è tuttora, il Pakistan; seguono la Nuova Zelanda e l’Europa, "conquistate" in tempi più recenti.

Da “sport dei poveri” a “sport d’elite” il passo non è breve, ma paradossalmente è questo il rango cui è assurto lo squash nel corso degli anni ’80, praticato com’era da managers e yuppies.
Oggi, però, lo squash è molto più diffuso di quanto si pensi e negli ultimi anni la sua pratica si è decisamente democratizzata, contribuendo alla conquista di un numero sempre crescente di appassionati.


Ma cosa pensa dello squash un preparatore atletico?

Una panoramica esauriente è fornita da Marcel Schranz, allenatore della nazionale svizzera. A parità di tempo, il dispendio energetico è doppio rispetto al tennis: per lo squash il consumo calorico per minuto si situa, infatti, intorno a valori compresi tra undici e venti chilocalorie, contro le 7-10 del tennis.
La spiegazione è semplice: innanzi tutto gli scambi durano più a lungo e i movimenti ed i cambi di direzione, obbligatoriamente rapidi e repentini, non consentono attendismi. In secondo luogo, le brevissime pause tra un game e l’altro (60 secondi, nulla rispetto ai tempi di recupero concessi, ad esempio, ai tennisti) evidenziano l’enorme carico di lavoro cui sono sottoposti i giocatori.

Da quanto detto è facile intuire che l’apparato cardiocircolatorio è sottoposto a notevoli sollecitazioni; durante un game i battiti del cuore si attestano su una frequenza media di 160-165, ma possono anche arrivare a 200 per minuto nelle fasi più concitate del gioco e, comunque, non scendono mai al di sotto dei 140-150, pause comprese.
Nell’individuo normotipo la pressione arteriosa sistolica sale fino a 170 e si assesta intorno a 160 mm.
Osservando lo squash dal punto di vista biomeccanico, inoltre, si nota come durante il gioco l’atleta compia un gran numero di salti, bruschi cambi di direzione, torsioni del tronco, scatti e movimenti brucianti che sottopongono l’apparato muscolare, in particolare quello delle gambe e della schiena, ad un lavoro molto impegnativo.
Lo squash, quindi, è senza dubbio uno sport consigliato a chi ha un cuore sano e, in ogni caso, da evitare se non si è in piena efficienza fisica, come ad esempio nel corso o subito dopo un’influenza; la febbre, infatti, può ridurre la capacità del cuore di sopportare l’enorme aumento di lavoro richiesto ed in tali occasioni è quindi una norma di elementare prudenza evitare gli incontri.



Come evitare problemi muscolo-articolari...

Nello squash sono rare le sindromi che tipicamente affliggono i giocatori di sport similari (il "il gomito del tennista" o "del lanciatore", ad esempio), mentre purtroppo non sono infrequenti, soprattutto tra i neofiti, le distorsioni della caviglia, provocate dal sovraccarico cui è sottoposto l’apparato ligamentare dell’articolazione tibio-tarsica in concomitanza di bruschi cambi di direzione o arresti improvvisi.
Un paio di scarpe adeguate, in ogni caso, aiuta ad evitare o, quantomeno, a limitare notevolmente eventuali danni: i bordi delle scarpe non dovrebbero essere mai troppo rigidi e la loro altezza deve essere adeguata. Il tallone deve essere munito di pareti sufficientemente alte da fungere da ammortizzatori; tenuto conto dei balzi e degli arresti improvvisi (in piena velocità), il tallone è infatti estrememente sollecitato.
Un buon riscaldamento, regola comune per qualsiasi sport, servirà a diminuire il rischio di strappi muscolari (tipiche le localizzazioni agli adduttori) ed i dolori che affliggono il precipitoso giocatore il giorno seguente la partita.

Nello squash, per quanto concerne il gesto atletico, il colpo ed il movimento sono molto più rilassati di quanto avviene, ad esempio, nel tennis. Per imprimere velocità alla pallina non servono muscoli potenti, quanto piuttosto buona coordinazione tra i muscoli del braccio e quelli della spalla.
Cercando di colpire di potenza, utilizzando la forza muscolare, si ottiene in realtà il risultato opposto, ovvero si perde in coordinazione e in rilasciamento e il conseguente movimento della racchetta sarà, di fatto, più lento. Altro errore molto frequente è pensare che il movimento del polso abbia un ruolo fondamentale: la tecnica si basa principalmente sulla rotazione dell’avambraccio, mentre il polso, pena sintomatologie dolorose, rimane bloccato.
Altri dolori potranno essere avvertiti agli abduttori, specialmente al deltoide, quando la palla è colpita in maniera troppo violenta oppure non si è fatto un buon riscaldamento. I dolori alla schiena saranno sconosciuti a chi è padrone di una corretta tecnica e a chi esegue esercizi regolari di allungamento (i muscoli posturali e del dorso sono rinforzati dai tipici movimenti richiesti dalla pratica di questa disciplina).
Incidenti a carico degli occhi, infine, sono provocati soprattutto dall’imprudenza dei giocatori e dal non rispetto del regolamento (mai colpire la palla se l’avversario si trova sulla traiettoria); a tale proposito, in alcuni paesi (tra cui il Canada) è obbligatorio l’uso di occhiali protettivi. L’incidente è in ogni caso sempre provocato da eccessive oscillazioni del corpo o da una tecnica scorretta, in primis quella, mutuata dal tennis, di accompagnare il colpo con un movimento ampio e continuo di tipo postero-laterale.


... e qualche altro consiglio.

Costituire sufficienti riserve di liquidi già prima di un incontro è di primaria importanza. Lo squash è una disciplina che comporta un’enorme traspirazione: durante una partita si perdono da 1 a 4 litri d’acqua (con un calo di rendimento fino del 40%, conseguente alla diminuzione del 4-5% del volume di liquidi nell’organismo).
La sete è un sintomo che qualsiasi sportivo deve assolutamente conoscere ed interpretare: quando si manifesta bere può non essere sufficiente o rivelarsi addirittura controproducente, dato che le capacità d’assorbimento di liquidi da parte dello stomaco non supera i 600-800 ml/ora.

Sul cosa bere valgono i soliti consigli: bevande ricche di fruttosio e contenenti sali minerali (ma non in quantità eccessiva ed in concentrazioni ipotoniche). Bandite come sempre le bibite gassate contenenti eccessive quantità di saccarosio (che provoca controproducenti sbalzi della glicemia), mentre non saranno mai sufficientemente lodate le virtù del miele (ricco di fruttosio, un elemento a rapido assorbimento: aggiunto al the, ad esempio, costituisce un’ottima bevanda, alternativa ai preparati esistenti in commercio).

Anche sul cosa mangiare valgono le raccomandazioni di sempre: dato l’alto dispendio energetico comportato dalla pratica dello squash, la dieta mediterranea, ricca di pasta, frutta, legumi e verdure fresche ricche di vitamine del gruppo C e B (le uniche dimostratesi di qualche utilità all’atleta) rimarrà sempre la più indicata, se non addirittura insostituibile.



Un grazie per la collaborazione a

ASSI, Associazione Squash Italia

 


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