Autori: Giovanni Flati & Carlo Di Stanislao
Introduzione1
Spesso chiamata la Pianta del Miracolo oppure il Guaritore
Naturale, l’Aloe Vera ci riserva infinite sorprese. Il nome latino è Aloe
Ferox e, poichè confusa con l’agave e con il cactus, si pensa comunemente che
appartenga alla famiglia delle cactacee, mentre fa parte di quella delle
liliacee. L’Aloe Ferox (o Selvatica) cresce nella regione
vergine (e, sotto il profilo paesaggistico, idilliaca) del Capo, in Sud Africa,
e sopravvive dove altre piante appassirebbero e morirebbero, potendo chiudere i
pori per impedire la perdita di umidità. Grazie alla sua composizione
l’aloe selvatica è una vera e propria farmacia portatile, ma nonostante ciò, in
questa epoca dominata da antibiotici e cortisone, è caduta in disuso. Ne
esistono oltre 200 varietà ma è l’Aloe Barbadensis Miller (Aloe Vera) la
pianta che ha la maggior utilità per l’uomo.
Storia dell’aloe2
Nessuno può affermare con certezza da
quanto tempo l’Aloe venga considerata una pianta medicinale. Uno dei primi
esempi di uso farmacologico è riportato inciso su una tavoletta di argilla
sumerica che risale al 2100 a.C., ma
esistono raffigurazioni di tale pianta sui muri dei templi dell’antico Egitto
che risalgono al 4000 a.C. Quale sia la verità riguardo il primo uso
documentato, non c’è assolutamente alcun dubbio, in quanto è riportato dalle
cronache, sul fatto che l’aloe abbia svolto un ruolo di primaria importanza
nella farmacologia di molte antiche civiltà. Esistono prove inconfutabili
dell’uso di questa pianta come agente terapeutico in qualsiasi luogo della
terra, dall’Europa meridionale al Medio Oriente, dal Nord Africa all’Asia,
dall’Estremo oriente alle Americhe.
Uno dei resoconti più dettagliati compare sul "Papiro di Ebers"3 ,
uno scritto egiziano risalente al 1550 a.C., dove sono documentate una serie di
formule per l’uso dell’aloe (miscelata ad altri prodotti naturali) nella cura di
vari disturbi sia interni che esterni. Gli antichi egizi chiamavano l’Aloe la
pianta dell’immortalità e vi sono testimonianze sul suo uso nel processo di
imbalsamazione e nei riti di inumazione dei Faraoni. Esistono anche ben
documentate testimonianze che riguardano due delle regine egizie più famose,
Nefertiti e Cleopatra, rinomate per la loro bellezza, delle quali si narra che
usassero fare i bagni immerse nel succo di Aloe, miscelato con latte di capra.
Intorno al 600 a.C. l’Aloe raggiunse la Persia e l’India introdotta dai mercanti
arabi e, ancora oggi, le tribù beduine e i guerrieri Tuareg del Sahara conoscono
questa pianta come giglio del deserto4 . Intorno al 500 a.C.
l’isola di Socotra (vicino al corno d’Africa) sviluppò la reputazione di grande
produttrice di Aloe e una leggenda narra che Alessandro Magno conquistò l’isola
per assicurarsi una continua fornitura di aloe per curare le ferite dei propri
soldati.
Tuttavia, per il primo reale riferimento all’uso farmacologico, dobbiamo
affidarci all’Erbario di Dioscoride (41-68 d.C.), medico greco che sviluppò la
propria abilità e le proprie conoscenze al seguito dell’esercito romano di quel
tempo. Egli scrisse ciò che probabilmente è la prima descrizione dettagliata
dell’Aloe, notando che il contenuto delle foglie poteva essere impiegato per la
cura dei foruncoli e delle emorroidi, per irritazioni al prepuzio, per
ammorbidire la pelle secca, per irritazioni alle tonsille, alle gengive e alla
gola, per le contusioni e per fermare le emorragie. Le proprietà terapeutiche
dell’aloe sono, come già detto, conosciute da molte centinaia di anni e nel
vangelo di Giovanni (19,39), si narra di come Nicodemo tentò di curare le ferite
di Gesù - una volta deposto dalla croce - con una mistura di mirra ed Aloe.
L’apostolo Tommaso si fece mandare la pianta dall’India e la fece conoscere al
mondo. Si racconta che l’aloe ristabilisca l’equilibrio tra i tre Doshas (Kafa,
Vata e Pitta) ed è grazie alla medicina ayurvedica che le preziose conoscenze
dei suoi effetti sono arrivati fino a noi5.
I Greci, i Romani e i Fenici hanno lasciato innumerevoli consigli sugli
effetti preventivi e curativi di questa pianta e, più tardi, Marco Polo, durante
i suoi viaggi in India e in Cina, trovò delle grandi distese di aloe vera e
imparò ad usarla dalla medicina orientale6. Gli indiani d’America la
consideravano come un guaritore muto e per fare i trattamenti con le sostanze
ricavate da questa pianta si basavano sui cicli lunari. Per amplificarne
l’effetto, ancora oggi, essi usano queste regole: se il corpo è affaticato e
privo di energia (quando mancano certe sostanze), il succo deve essere assunto
giornalmente dalla luna nuova al plenilunio. Se si desidera eliminare certe
sostanze dal corpo (ulcere o una cura depurativa), il succo deve essere preso
dal plenilunio alla luna nuova. Sono necessarie due settimane di interruzione
prima di riprendere il trattamento.
Nel medio Evo e nel Rinascimento l’uso medicinale dell’aloe si diffuse in
tutto il mondo, soprattutto nelle regioni settentrionali d’Europa, ma poiché
essa prosperava solo in climi molto caldi, non venne apprezzata dai popoli
nord-europei, sebbene crescesse in abbondanza in Spagna, Portogallo ed Italia,
dove era tenuta, in ogni caso, in grande considerazione. Le conoscenze sulla
"pianta miracolosa" sono state tramandate di generazione in generazione e dove
essa cresceva spontaneamente, veniva venerata per le sue proprietà medicinali e
per i suoi apparentemente poteri magici di guarigioni. L’aloe è stata conosciuta
attraverso i millenni ed è passata alla storia nelle culture e civiltà più
diverse come pianta del mito e della magia, servendo anche come pianta
medicinale, ma senza un adeguato apporto scientifico. Il suo utilizzo a scopo
terapeutico è stato descritto da diversi naturalisti e medici dal II secolo d.C.
fino al XVII sec., sebbene le analisi chimiche su materiale organico fossero
virtualmente sconosciute fino al XIX sec7.
Usi tradizionali nell’Africa del Sud8
I primi abitanti dell’Africa del Sud, dove ci sono circa 130 differenti
specie di aloe e alcune di esse crescono solo localmente, conoscevano una grande
varietà di utilizzi della pianta. Siccome le diverse tribù africane dovevano
spesso percorrere delle lunghissime distanze per incontrarsi, la popolazione
utilizzava la specie più prossima all’area d’insediamento. Il risultato era
comunque valido, indipendentemente dalle specie utilizzata. Ad alcune specie gli
indigeni attribuiscono un potere mistico, così come la facoltà di proteggere
dalle malattie e dai nemici. I membri della tribù dei Pondons rinfrescavano la
loro pelle con l’aloe aristata, sfruttandone l’effetto eutrofico e tonificante.
Le tribù dei Xhosa e dei Suthos utilizzano la polpa delle foglie e il succo
giallo (contenente aloina) dell’Aloe saponaria e dell’Aloe terrier, per curare
diverse malattie parassitarie, mentre la più conosciuta tribù degli Zulù
combatteva i vermi intestinali con l’aloe marlothii. L’Aloe ferox e saponaria
erano da tutti gli indigeni usate per medicare piaghe infette, ustioni, eczema.
Il trattamento consisteva nel tagliare una foglia fresca e nell’applicarla
direttamente sulla parte interessata. Le suddette tribù utilizzavano il succo
amaro anche in caso di infiammazioni o infezioni agli occhi, come purgante e
come aiuto per la digestione.
Composizione chimica ed azioni preminenti9 10
I principi attivi dell’aloe sono costituiti da antrachinoni catartici;
questi composti sono principalmente dei C-glicosidi, in particolare barbaloina,
che è un glucoside dell’aloe-emodina. La maggioranza delle specie ne contiene
tra il 10 ed il 20%, ma alcune raggiungono il 30%. Si è scoperto che una singola
pianta di A. vera (A. barbadensis) da Mannar (Sri Lanka) conteneva nel succo il
57% di barbaloina. La concentrazione più alta di barbaloina si trova negli
essudati delle foglie giovani mature, mentre decresce nelle foglie più vecchie
verso la base della pianta. La concentrazione degli antraglicosidi varia a
seconda dei tipi di aloè tra il 4,5 e il 25% di aloina. Altri costituenti
presenti comprendono aloesina ed il suo aglicone aloesone (un cromene), 8
antrachinoni liberi (ad esempio aloe-emodina) e resine.
La composizione del gel11 di aloe vera non è stata ancora
chiarita. Finora gli studi hanno indicato che il gel è costituito da più di un
tipo di polisaccaride. Mentre secondo uno studio vi erano almeno quattro
differenti glucomannani parzialmente acetilati con legami interglicosidici altri
presentavano un galattano acido, mannano, glucomannano, arabinano e/o
glucogalamannano. Secondo gli studi in ciascun polisaccaride varia molto il
rapporto degli esosi. Altri costituenti riscontrati o comunque considerati
presenti sono altri polisaccaridi (contenenti galattosio, xilosio e arabinosio),
steroidi, acidi organici, enzimi, principi ad attività antibiotica, amminoacidi,
"stimolatori biogenici", saponine di tipo "ormoni cicatrizzanti" e sostanze
minerali. I polisaccaridi costituiscono lo 0,2-0,3% del gel fresco e lo 0,8-1,2%
della materia essiccata. Nel prodotto finito l’autodegradazione dei
polisaccaridi del glucomannano produce principalmente dei mannani. I
polisaccaridi del gel, costituiti principalmente da mannosio e glucosio in
rapporto 1:3, possono degradarsi in 48 ore a temperatura ambiente, con una
diminuzione del contenuto in glucosio ed un aumento del rapporto mannosio:glucosio
fino a >10. L’aggiunta di un polisaccaride solfatato di origine algale (estratto
da una specie di microalga rossa) ha condotto ad un’inibizione della
degradazione e ad un imbrunimento del polisaccaride dell’aloe. È stato suggerito
che la carbossipeptidasi, un enzima carbossipeptidasi trovato in A. arborescens
ed in altre specie, sia il principale agente antitermico delle specie di aloe.
Tuttavia, per praticità, va ricordato che il
principio
attivo più importate sembra essere l’aloina12 (chiamata anche
barbaloina dal momento che si trova solo nell’Aloe barbadensis) che in effetti è
un C-glucoside dell’emodina e cioè uno zucchero complesso. I chimici l’hanno
descritta come un misto di due diasteromeri: l’aloina A e l’aloina B. Il succo
amaro, bruno-giallastro, estratto dalle foglie, è un lassativo e la sua
efficacia è dovuta all’emodina, che non contiene zuccheri e se assunta durante
la gravidanza può provocare l’aborto (ecco perché non si possono assumere
lassativi a base di aloina in particolar modo durante i primi tre mesi di
gestazione). L’aloina di per sé sarebbe leggermente lassativa, ma viene
trasformata in emodina (antrone), potentemene catartica, per azione dalla
microflora intestinale dell’uomo. Quantità infinitesimali di succo amaro si
rivelano efficaci anche in caso di certe forme di artrite e affezioni
reumatiche; le ricerche relative a queste terapie sono ancora però all’inizio.
Caratteristiche dei preparati e
studi clinici13 14 15 16 17 18
La "purezza" dei preparati è variabile: la separazione meccanica tra le due
fasi non è sempre completa e talvolta il gel19 di Aloe vera contiene
proporzioni variabili di succo. Sarebbe preferibile utilizzare gel puro,
dati gli effetti potentemente lassativi del succo; in ogni caso la stabilità dei
principi contenuti nelle preparazioni di Aloe è precaria e si riduce
progressivamente con il passare del tempo; questo provoca differenze notevoli
nella potenza del prodotto da lotto a lotto. Sebbene alcuni produttori
reclamizzino speciali procedure di stabilizzazione, la migliore fonte di gel
di Aloe resta la polpa estratta direttamente dalla foglia di una pianta viva.
Il gel di Aloe è stato utilizzato come trattamento locale per ferite, piccole
ustioni o irritazioni della pelle; in realtà la sua applicazione predominante è
come ingrediente di taluni cosmetici.
Il succo di Aloe, invece, assunto per
bocca, è stato propagandato come rimedio per la stitichezza, la tosse, il
diabete, il cancro, le cefalee, le artriti, sindromi da immunodeficienza, le
ulcere, le piaghe e vari tipi di ferite. Non tutte queste azioni sono
giustificate in relazione ai componenti attivi. Gli antrochinoni e gli antroni
contenuti nel succo di Aloe producono il loro effetto lassativo
aumentando la peristalsi intestinale e aumentando il contenuto d’acqua
intestinale agendo con l’apertura dei canali del cloro nelle membrane cellulari
della mucosa del colon, che provoca la riduzione del riassorbimento idrico
nell’intestino. I glicosidi antrochinonici raggiungono per lo più indigeriti
l’interno del colon, sebbene possano essere in piccola parte parzialmente
metabolizzati da enzimi della flora batterica intestinale. L’effetto clinico è
caratterizzato da più frequenti evacuazioni di feci di consistenza molle. La
gran parte degli studi scientifici sugli effetti lassativi dell’Aloe riguarda
comunque l’impiego di questo rimedio in combinazione con altri lassativi come la
celandina o lo psyllium.
Gli effetti collaterali dell’Aloe,
soprattutto legati ad assunzione di dosi eccessive, sono dolori addominali,
diarrea e squilibri elettrolitici. Pochi studi hanno investigato la supposta
capacità di favorire la guarigione delle ferite con l’assunzione per bocca di
gel di Aloe. Un lavoro ha dimostrato una migliorata cicatrizzazione nei topi,
attribuita ad un aumento del flusso ematico capillare nell’area della lesione.
Negli anni 70 due diverse commissioni della Food and Drugs Administration
conclusero che non c’erano evidenze sufficienti a considerare efficace il gel di
Aloe vera nella cura di piccole ustioni, tagli, abrasioni, e nel trattamento
delle irritazioni vaginali. Uno studio su 5000 soggetti ha concluso per effetti
positivi nella diminuzione dei fattori di rischio cardiologici per pazienti
cardiopatici. Il lavoro ha mostrato che l’aggiunta alla dieta di Isabgol (che
aumenta la quantità delle feci) e gel di Aloe provoca una riduzione della
lipemia, con diminuzione del colesterolo totale e dei trigliceridi, aumento
della frazione HDL del colesterolo e un tamponamento delle fluttuazioni della
glicemia nei diabetici. Una ricerca effettuata su Medline nel gennaio 199820
non ha evidenziato ulteriori studi sugli effetti dell’Aloe sull’assetto lipidico
e il rischio cardiologico. Alcuni studi hanno mostrato una riduzione delle
fluttuazioni glicemiche in animali diabetici dopo assunzione di Aloe, ma sono
necessari altri studi per investigare su queste caratteristiche nell’uomo21.
Sicurezza d’impiego22
La sicurezza d’impiego dell’aloe è un’altra questione interessante. Studi
sulla tossicità genica hanno dimostrato che lassativi a base di aloe espongono
al rischio di cancro nell’uomo quando usati per lunghi periodi e a dosaggi
elevati. I prodotti a base di Aloe possono essere utilizzati per bocca come
integratori alimentari, ma non hanno l’approvazione della FDA per l’impiego come
farmaci. Attualmente l’unico impiego sicuro dell’Aloe vera (se utilizzata in
modo appropriato per questo scopo) è come lassativo stimolante. La FDA
raccomanda ulteriori studi sugli effetti e la sicurezza d’impiego dell’aloe.
Sono stati riportati casi di morte in pazienti affetti da cancro e trattati da
medici (cui è stata revocata la possibilità di esercitare la professione) con
iniezione e.v. di preparati a base si Aloe vera. La somministrazione parenterale
di Aloe vera è illegale negli Stati Uniti, ma a volte malati disperati si recano
in altri paesi con una legislazione meno severa nei confronti di supposte o
altro tipo di preparazioni la cui vera efficacia non è dimostrata.
Impiego in dermatologia
In dermatologia l’Aloe ha un’efficacia reale e notevole. Il suo impiego
risale al 1942 quando un ingegnere chimico americano, Rodney Stockton curò una
grave ustione dovuta al sole della Florida con una polpa gelatinosa estratta
dall’aloe vera. Proseguì le ricerche e riuscì a stabilizzare il gel (per
evitarne l’ossidazione). Dagli anni ’50 sono moltissime le ricerche sull’impiego
dell’aloe in dermatologia, in particolare nella cura delle ustioni dove i
risultati sono eccellenti (da citare nel 1995 la cura delle vittime
dell’attentato di Oklahoma City da parte del dott. T. Moore che aveva all’attivo
già 4.000 casi di ustioni trattati in tal modo). Attualmente l’aloe vera è
utilizzata per curare23:
• ustioni
• escoriazioni
• cicatrici
• scottature ed eritemi solari
• pelli secche, arrossate e screpolate (come idratante)
• ragadi (anali e non)
Molti prodotti con nomi commerciali blasonati si basano su l’Aloe vera.
Purtroppo ne contengono percentuali minime. Per la massima efficacia occorre
usare aloe concentrata in gel (almeno 0,5-2%). Alcune (pochissime) guarigioni di
psoriasi di pazienti che hanno usato l’aloe hanno inserito la patologia fra
quelle curabili con l’aloe. In realtà per la legge di guarigione totale ciò è
del tutto arbitrario. Purtroppo sono casi isolati in cui (vista anche la
componente psicosomatica della patologia) non si sa fino a che punto il
trattamento con l’aloe non sia giunto casualmente in un momento in cui la
malattia sarebbe comunque regredita. Purtroppo l’applicazione dell’aloe su vasta
scala non ha dato risultati soddisfacenti. Esistono alcune ricerche (fra le
ultime quella dell’università di Padova del 2000)24 che avrebbero
rilevato l’utilità dell’aloe vera (o meglio, di alcuni derivati, l’aloe-emodina)
in alcuni tipi di tumori (per esempio quelli infantili). In realtà si tratta di
studi su animali (e nei decenni di sostanze anticancro su animali ne sono state
studiate centinaia!) e gli stessi ricercatori mettono in guardia dai facili
entusiasmi.
Dire che l’aloe ha proprietà antitumorali (se una sostanza ha accertate
proprietà antitumorali la si impiega nella cura, non nella ricerca) è quindi
ottimistico e scientificamente falso: è corretto dire che esistono linee di
ricerca che stanno studiando la pianta. L’alore sembra dotata di proprietà
antisettiche. Queste proprietà sono desunte dal fatto che l’aloe contiene la
barbaloina, la isobarbaloina, l’acido aloetico, l’emodina, l’acido cinnamico,
l’acido crisofanico. In realtà il contenuto di queste sostanze è percentualmente
non significativo se si usano preparati naturali e non farmacologici (il
principio è lo stesso del mirtillo o della carota che "fanno bene alla vista",
ma praticamente non curano nessuna patologia oculare). Una ricerca condotta su
pelle artificiale (un tessuto ottenuto facendo moltiplicare in vitro i
cheratinociti umani) ha dimostrato che i componenti delle glicoproteine estratte
dall’aloe sono in grado di stimolare la formazione del tessuto epidermico
promuovendo la formazione di nuove cellule. Non solo quindi una funzione di
trattamento del sintomo (l’arrossamento e l’inaridimento della zona offesa) ma
un’azione terapeutica provata dal fatto che nel tessuto a contatto con il
principio attivo si osserva un aumento del fattore di crescita epidermico, di
fibronectina e keratina e dei recettori cellulari cui queste sostanze si legano
fisiologicamente25.
Le preparazioni a base di aloe vera dunque possono essere impiegate in
svariate situazioni. Per esempio, uno studio britannico aveva dimostrato come
anche le ferite dovute a interventi di dermoabrasione, cui si ricorre per
cancellare le rughe dal volto, mostrano una guarigione più rapida se trattate in
questo modo. Ma accanto alla rapidità della guarigione si osserva anche la
prevenzione degli esiti cicatriziali più fastidiosi dal punto di vista
cosmetico, come la formazione di cheloidi (cicatrici rilevate dovute a
irregolare deposizione del collagene) o di aree depigmentate. Per questo, l’aloe
può accelerare e migliorare solo parzialmente la guarigione delle ferite
post-operatorie. Inoltre queste preparazioni hanno trovato impiego anche in
ambito ospedaliero, principalmente nella cura e nella prevenzione delle
piaghe da decubito, cioè le lesioni della cute che si formano per la
prolungata immobilità a letto26. Di recente si è ipotizzato che il
gel d’Aloe può essere utile in campo tricologico. Un prodotto topico con il 96%
di gel d’aloe ed aggiunta di altri componenti (niacina, pantenolo, Vitamine A,
E, B5, ed acido linoleico), si è dimostrato efficace in corso di calvizie
comune27. Di recente abbiamo avuto esperienze positive con
impiego di un topico cremoso evanescente a base di gel d’Aloe (all’1%),
unitamente a tetracicline a basso dosaggio per os, nel trattamento di alcuni
casi di dermatite granulomatosa pluriorifiziale. Questa patologia, di incerta
etiologia, è considerata da alcuni una variante della dermatite seborroica, da
altri una varietà di rosacea28. All’esame obiettivo si evidenzia una
eruzione cutanea, talvolta unilaterale, con elementi di natura eritematosa, di
1-2 mm di diametro, disposti intorno alla bocca e nelle pieghe nasolabiali, che
possono estendersi al mento o al labbro superiore cutaneo. È possibile che la
sintomatologia si allarghi anche alla fronte, alla glabella e alle guance (Foto
1). La variante perioculare, al contrario, coinvolge principalmente le palpebre
e talvolta le guance.
Il decorso è vario e capriccioso e a periodi di acuzie possono seguire
momenti di apparente miglioramento. Come inizio della sintomatologia la paziente
riferisce un senso di fastidio nell’area intorno alla bocca, un lieve prurito e
lievi sensazioni di bruciore, subito dopo insorge l’eritema che tende a essere
persistente nel tempo. A seconda della tipologia delle lesioni il quadro clinico
si può presentare con la prevalenza di elementi eritematoso-papulosi,
papulo-vescicolosi o papulo-pustolosi, irregolarmente distribuiti e raggruppati.
Spesso gli elementi vanno incontro a desquamazione con note seborroiche e
possono esitare in iperpigmentazioni. A seguire, nella stessa sede si
sovrappongono nuove eruzioni determinando un andamento a carattere cronico. Si è
già detto che l’eziologia è sconosciuta e che è difficile indicare la causa
primaria e quella che determina il riacutizzarsi della sintomatologia. Nel tempo
l’attenzione si e’ appuntata sull’uso di cosmetici locali, di cortisonici topici
o dentifrici fluorati o di contraccettivi orali. C’e’ chi ha scommesso su una
iperattività agli ormoni sessuali, e chi l’ha collegata a una intolleranza alla
luce. Non mancano ipotesi di un’origine batterica, forse il bacillus fusiformis,
o relative a un’infezione da Candida albicans probabilmente di origine
orodentaria. Inoltre, se tanti anni fa si chiamavano in causa turbe intestinali
quali il malassorbimento, oggi va di moda ricorrere a una spiegazione che ne
attribuisce la possibile colpa all’Helicobacter pilori presente nello stomaco.
Non manca la scuola di pensiero che ne mette in evidenza una componente
psicosomatica29. Come già detto in alcuni pazienti da noi
selezionati, senza segni di gastropatia né familiarità seborroica o rosacea,
l’impiego di minociclina (100 mg per os/die) e di un topico (bis in diem) a base
di Aloe vera, ha determinato scomparsa dell’affezione in 6-10 settimane di
terapia.
Indirizzo per chiarimenti
Dr. Giovanni Flati
E-mail: dermoaq@libero.it
Note e Bibliografia
1Mansfield K: L’aloe, Ed. Mondatori, Milano, 1999.
2Canevaro S.. Aloe vera, Ed. Rusconi, Milano, 2003.
3Scoperto nel 1861 dallo studioso inglese Gorge Ebers.
4Di Stanislao C., Corradin M., D’Onofrio T.: La Medicina Araba,
http://www.sia-mtc.it/Pag_culturali/Default.htm, 2004.
5Di Stanislao C.. Generalità sull’Ayuverda,
http://www.sia-mtc.it/Pag_culturali/Default.htm, 2003.
6Massarani E.: Erbe in Cina, Ed. ESI, Milano-Roma, 1981.
7Zuccatti G.: Aloe vera: tutti i segreti. Origini, composizione,
lavorazione, impiego, proprietà salutistiche, Ed. La Grafica, Firenze, 2004.
8Tyler V: The Honest Herbal: A Sensible Guide to the Use of Herbs and
Related Remedies, Third Edition Ed. Pharmaceutical Products Press, Binghamton,
1993.
9Manuchair E.: Pharmacodynamic Basis of Herbal Medicine, Ed.
University of North Dakota, Grand Forks, 2001.
10Tyler V: Herbs of Choice: The Therapeutic Use of Phytomedicinals,
Ed. Pharmaceutical Products Press, Binghamton, 1994.
11In definitiva due sono i prodotti principali derivati dalle foglie
di specie del genere Aloe. Il succo amaro e giallastro, presente in cellule
specializzate al di sotto della spessa epidermide, fornisce la droga dell’aloe.
Il tessuto parenchimatico al centro della cellula contiene invece un gel
mucillaginoso detto gel d’aloe.
12Campanini E.: Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, 2° Ed.,
Ed. Tecniche Nuove, Milano, 2004.
13Lawless J, Allan J: Aloe vera. Le proprietà terapeutiche di una
pianta versatile ed efficace, ed. Tecniche Nuove, Milano, 2000.
14Smith L, Struck D: The aloe vera trail: Investigation of four
patient deaths leads officials to company based in Maryland, Washington Post,
1997, Oct 11, Sec. C, 1:2.
15Barcroft A.: L’ aloe. Virtù terapeutiche di un prodigioso rimedio
della natura, Ed. Hermes, Milano, 1998.
16Schultz W: Proposed Rules, Federal Register
1997,62(169):46223-46227.
17Ishii Y, Tanizawa H, Takino Y. Studies of Aloe v. - Mechanism of
cathartic effec,. Biological and Pharmaceutical Bulletin, 1994, 17:651-653.
18Hecht A. The Overselling of aloe vera, FDA Consumer, 1981,
15(6):26-29.
19Contenuto nelle foglie fresche.
20Le cose non sono cambiate al giugno 2004.
21Lulinski B., Capica C.: Some Notes on Aloe Vera,
http://www.quackwatch.org/01QuackeryRelatedTopics/DSH/aloe.html, 1998.
22Bisset N G, Wichtl, M (Eds.): Herbal Drugs and Phytopharmaceuticals
A Handbook for Practise on a Scientific Basis With Reference to German
Commission E, Ed. Medpharm Scientific Publishing, Berlin, 2003.
23Gaedcke F, Steinhoff B.: Herbal Medicinal Products, Ed.
Wissenschaftfliche, Stuttgart, 2002.
24Corradin M., Ceccherelli F., Di Stanislao C.: Dispense del Corso di
Fitoterapia Scientifica, Ed. AIRAS, Padova, 2000.
25Choi SW et al.; The wound-healing effect of a glycoprotein fraction
isolated from aloe vera.Br J Dermatol, 2001, 145(4):535-545.
26Fulton JE Jr: The stimulation of postdermabrasion wound healing
with stabilized aloe vera gel-polyethylene oxide dressing, J Dermatol Surg Oncol,
1990,16(5):460-467.
27Proserpio G.: Tricologia cosmetologia, Ed. BCM, Pavia, 1994.
28Panconesi E.: Manuale di Dermatologia, Ed. USES, Firenze, 1981.
29Braun-Falco O., Plewig G., Wolff H. H.: Dermatologia, Ed.
Sprinter-Verlag Italia, Milano, 2002.
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