“PASQUALE (al balcone mentre parla col Professor Santana):
..(...)..Chi mai
potrebbe prepararmi un caffe’ come me lo preparo io, con lo stesso zelo
...con la stessa cura?...Capirete che , dovendo servire me stesso , seguo le
vere esperienze e non trascuro niente.........Sul becco...........lo vedete il
becco?...(...)...sul becco io ci metto questo coppitello di carta...Pare niente,
questo coppitello, ma ce l’ha la sua funzione ...E gia’, perche’, il fumo
denso del primo caffe’ che scorre, che poi e’ il piu’ carico, non si disperde.
Come pure, professore, prima di colare l’acqua, che bisogna far bollire per
tre o quattro minuti, perlomeno, prima di colarla, vi dicevo, nella parte
interna della capsula bucherellata, bisogna cospargere mezzo cucchiaino di
polvere appena macinata. Un piccolo segreto! In modo che al momento
della colata l’acqua in pieno bollire, già sia aromatizzata per conto suo.
Professore anche voi vi divertite qualche volta, perche’, spesso, vi vedo
fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione. ..(...)..siccome mia moglie
non collabora, me lo tosto da me...Anche voi professore?.. E fate bene...”
Eduardo De Filippo, Questi Fantasmi, Atto III
Insieme al tè, il caffé è la più diffusa bevanda nervina. Il suo nome deriva
dall’arabo qahwaè (stimolante, eccitante), e si ottiene per infusione a caldo di
polvere di caffé tostato. Per quanto riguarda la produzione, le principali
specie di c affé
derivano dal gruppo dell’Eucoffea, mentre le altre, non contenendo caffeina, non
sono importanti dal punto di vista merceologico.
La specie Coffea arabica costituisce i tre quarti della totalità di caffé
raccolto; è originaria dell’Abissinia e viene coltivata in tutti i paesi a clima
subtropicale. Contiene una percentuale di caffeina che varia dall’1,1 per cento
all’1,7 per cento.
La specie Coffea canephora (o Robusta) rappresenta circa un quarto della
produzione mondiale; si coltiva sopratutto in Africa e in minore quantità in
Indonesia. Contiene una percentuale di caffeina che varia dal 2 al 4,5 per
cento. Va ricordato che è stato creato un incrocio tra l’Arabica e la Robusta,
che ha preso il nome di Arabusta.
La lavorazione del caffé avviene in queste fasi:
- raccolta - la pianta produce frutti a ciclo continuo, e accade quindi
che su una stessa pianta si possano trovare frutti a diversi stadi di
maturazione; la raccolta risulta quindi problematica;
- estrazione del seme (a secco o in umido)
- selezione dei chicchi di caffé crudo
- torrefazione a 200-220 °C - la tostatura del caffé viene effettuata nei
paesi importatori portando i chicchi verdi alla temperatura di 200-220 °C per un
tempo variabile tra 10-15 minuti per le macchine tradizionali, o tra 1-3 minuti
per le macchine a letto fluido. La torrefazione comporta modificazioni nella
composizione chimica che incidono notevolmente sulle caratteristiche
organolettiche; da questa fase dipendono inoltre la componente aromatica ed il
rapporto tra gusto amaro e gusto acido.
Il
valore nutritivo del caffé è minimo e dovuto quasi totalmente allo zucchero
con il quale viene dolcificato.
Gli effetti caratteristici del caffé dipendono dalla caffeina, un
alcaloide che eccita il sistema nervoso centrale e stimola altri organi come il
sistema cardiovascolare. La quantità di caffeina presente nel caffé varia a
seconda del procedimento di tostatura adottato.
Nell’organismo umano la caffeina, se assunta in dosi limitate, può avere
effetti benefici: ha un effetto eccitante sul sistema nervoso centrale e
sulla corteccia cerebrale, favorisce la secrezione gastrica, dilata i vasi
sanguigni e stimola la muscolatura cardiaca.
Qualora invece le dosi superino i 600 mg/die (circa 6 tazzine o più)
per un periodo prolungato, si può andare incontro ad intossicazione cronica
detta caffeinomania, i cui sintomi sono riassumibili in:
- assuefazione, o per meglio dire desiderio senza una necessità
estrema di continuare ad assumere tale bevanda in quantità sempre maggiori, e
l’instaurarsi di un certo grado di "dipendenza psicologica";
- alterazione dei ritmi del sonno (insonnia);
- alterazione della funzionalità cardiaca.
Il caffé viene normalmente commercializzato in grani o già macinato,
generalmente confezionato sotto vuoto spinto. Lo si può comunque trovare anche
sotto forma di:
- caffé solubile (istantaneo). Viene preparato immediatamente dopo la
torrefazione. Il caffé viene macinato, mescolato con acqua calda ed il liquido
ottenuto viene concentrato a contatto con aria calda, fino ad ottenere una
polvere finissima;
- caffé liofilizzato (privato di acqua mediante liofilizzazione);
- caffé decaffeinato (a basso contenuto di caffeina, che non deve comunque
superare lo 0,15 per cento).
Il trattamento di decaffeinizzazione può essere effettuato con vari
metodi, che si differenziano l’uno dall’altro soltanto per il tipo di solvente
utilizzato durante la fase di estrazione della caffeina. Tutti questi metodi
hanno in comune i principali stadi di processo che sono:
1. Vaporizzazione - Il caffé crudo viene trattato con vapore acqueo al
fine di far gonfiare i chicchi che, distanziando le loro molecole, permettono
una più facile estrazione della caffeina.
2. Estrazione - Il caffé viene sottoposto all’azione di un solvente
specifico autorizzato per legge (acqua, anidride carbonica, acetato di etile,
diclorometano).

3. Recupero del solvente - Si allontanano i residui di solvente che
verranno successivamente riutilizzati per altri trattamenti di
decaffeinizzazione; questo stadio viene particolarmente curato sia per ragioni
economiche (tutti questi prodotti hanno un costo elevato e pertanto vanno
minimizzati gli sprechi), che per ragioni legali (la legge impone determinati
limiti massimi di residui).
4. Asciugatura - Dal caffé viene eliminata quasi tutta l’umidità
presente.
5. Insaccatura - Il caffé viene insaccato nelle sue tele.
6. Analisi - Viene verificato il residuo di caffeina, di solvente e di
umidità.
La decaffeinizzazione viene effettuata mediante l’impiego dei seguenti
solventi (ossia sostanze atte a dissolvere un prodotto alimentare o
componenti di un un prodotto alimentare, e classificate come coadiuvanti
tecnologici), aventi le caratteristiche chimico-fisiche e di purezza indicate
nell’allegato del D.M. 20.5.1976:
1. Acqua
Dà dei risultati non ottimali sia dal punto di vista dell’aspetto del caffé, che
risulta piuttosto scuro ed inadatto ad una commercializzazione prima della
tostatura, sia dal punto di vista del gusto in tazza. Si tratta di una
tecnologia vecchia come origini (intorno alla prima metà del secolo) ma
applicata di recente e che solamente negli ultimi anni ha cominciato a divenire
economicamente e qualitativamente realizzabile.
Immergendo nell’acqua il caffé verde si asporta la caffeina, ma con essa se ne
vanno anche gran parte degli aromi: a questo inconveniente si è cercato di
ovviare saturando il liquido con i componenti del caffé solubili in acqua,
ottenendo un risultato buono ma non paragonabile a quello di un solvente
specifico che va ad agire solo ed esclusivamente sulla caffeina. Quest’ultima
viene poi estratta da questo liquido passando su del carbone attivo che la
ritiene, e successivamente viene riutilizzata. Tutto ciò deve venir fatto in
maniera sofisticata e su grandi quantitativi, al fine di ottenere un processo
economicamente realizzabile che sfrutti delle economie di scala. Inoltre risulta
inevitabile un sia pur minimo interscambio di componenti fra i caffé
decaffeinati con la stessa acqua già saturata che modifica lievemente le
caratteristiche organolettiche del prodotto.
2. Acetato di etile
Si tratta di un solvente chimico atossico specifico per la decaffeinazione, ma
che si trova naturalmente nel caffé e nella frutta. Ha due inconvenienti: è
altamente esplosivo ed ha un forte odore fruttato. Ciò comporta un costo di
produzione che, pur essendo inferiore a quello dell’acqua e dell’anidride
carbonica, risulta comunque abbastanza elevato; inoltre, il caffé decaffeinato
con tale metodo acquista l’odore del solvente usato, alterandone leggermente il
gusto.
3. Anidride carbonica
Il processo che fa uso dell’anidride carbonica allo stato supercritico (cioè in
uno stato che sta al confine fra il liquido ed il gassoso) costringe a lavorare
ad elevatissime pressioni (più di 200 atmosfere) e pertanto risulta estremamente
costoso. Il metodo è piuttosto nuovo ma si è costretti a lavorare su quantità
tali che permettano lo sfruttamento delle economie di scala.
4. Diclorometano
E’ il solvente maggiormente usato e più diffuso, anche perché è stato il primo
ad avere una applicazione a livello industriale. Si tratta di una sostanza che
agisce specificatamente sulla caffeina, è altamente volatile (evapora a 40°C) e
pertanto viene eliminata con relativa facilità per mezzo di vapore acqueo dal
caffé, lasciando in esso solamente tracce non rilevabili. La qualità che si
ottiene con questo solvente sarebbe, secondo vari esperti, la migliore sia come
aspetto del caffé verde decaffeinato sia come gusto in tazza (vengono infatti
conservate quasi tutte le caratteristiche del caffé intero fatta eccezione per i
grassi che vengono per buona parte eliminati, rendendo il caffé più leggero e
digeribile).
Le adulterazioni più diffuse del caffé consistono nell’aggiungere
sostanze coloranti, zucchero bruciato, olio di noce, vaselina.
Le sofisticazioni riguardano principalmente i caffé macinati ai quali
vengono aggiunti prodotti vegetali essiccati, triturati, macinati ed
aromatizzati in modo opportuno.
In Medicina Cinese
Alimento che drena L’Umidità e diuretico. Possiede le seguenti
caratteristiche:
Parte utilizzata : il Seme
Sapore: Dolce e Amaro
Natura: Tiepida
Meridiani destinatari: Cuore
Azioni: Stimolante, diuretico, promuove l’eliminazione
Indicazioni: Stipsi, Ipersonnia, Letargia
Controindicazioni: Insonnia, Ipertensione, Nervosismo, ulcera gastro-duodenale
Autore: Carlo Di Stanislao
Per approfondire
- Bologna M., Di Stanislao C., Corradin M. et al.: Dietetica Medica
Scientifica e Tradizionale, ed. CEA, Milano, 1999.
- Bartoletti C.A., Bortolini G.: Alimentazione come e perchè, Ed. Armando Curcio,
Milano, 1980.
- Cappelli P., Vannucchi V.: Chimica degli Alimenti, Ed. Zanichelli, Bologna,
2000
- Cappelli P., Vannucchi V.: Scienza dell’alimentazione, Ed. Zanichelli,
Bologna, 1997.
- Castleman M.: The Healing Herbs, The ultimate Guide to the Curative Power of
Nature’s Medicines, Ed. Rodale Press, Emmaus, Pennsylvania, 1991.
- Giordano G.: Cacao, caffè e tè. Implicazioni geopolitiche, economiche,
culturali ed etniche, Ed. Erga, Milano, 2000.
- Rodato S., Gola I.: L’alimentazione, Ed. Clitt, Roma, 1999.
Indirizzo per chiarimenti
Carlo Di Stanislao
E-mail: amsaaq@tin.it
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